Abuso del diritto e disallineamento fiscale: i chiarimenti dell’Agenzia

L’Agenzia delle entrate fornisce risposta ad un’istanza di interpello riguardante il mancato abuso del diritto derivante dal disallineamento temporale tra la tassazione degli interessi attivi in capo agli obbligazionisti e il riconoscimento della deduzione fiscale degli stessi interessi passivi in capo alla società emettitrice (Agenzia delle entrate, risposta 1 dicembre 2025, n. 299).

La società istante è una realtà che intende effettuare rilevanti investimenti nei prossimi anni, predisponendo un piano finanziario che prevede l’emissione di un prestito obbligazionario subordinato e privo di collaterale, con un orizzonte temporale di 15/20 anni. Le obbligazioni saranno titoli nominativi cartacei, emessi in libera sottoscrizione ai soci, agli amministratori, ai dipendenti della società, nonché a terzi investitori. Queste obbligazioni sono del tipo one coupon, ovvero prevedono il pagamento di un’unica cedola alla scadenza del prestito. Il tasso di interesse annuo composto, fino a un massimo del 16,5%, sarà commisurato alla scadenza del prestito, al rischio di impresa, al carattere della subordinazione e all’assenza di un collaterale.

L’Istante chiede chiarimenti sulla possibilità che l’operazione configuri un abuso del diritto ai sensi dell’articolo 10-bis della Legge n. 212/2000, a causa del disallineamento temporale tra la tassazione degli interessi attivi in capo ai sottoscrittori e il riconoscimento fiscale degli interessi passivi in capo alla Società, che avviene secondo il principio di competenza economica.

 

L’Agenzia ricorda che l’abusività di un’operazione, ai sensi dell’articolo 10-bis, comma 1, della Legge n. 212/2000, richiede che l’Amministrazione finanziaria identifichi e provi il congiunto verificarsi di tre presupposti costitutivi:

  • il conseguimento di un vantaggio fiscale “indebito”;
  • l’assenza di “sostanza economica” dell’operazione;
  • l’essenzialità del conseguimento del vantaggio fiscale indebito.

L’assenza di anche solo uno di questi presupposti determina un giudizio di assenza di abusività. Non sono comunque considerate abusive le operazioni giustificate da valide ragioni extra fiscali non marginali.

 

In base all’Atto di indirizzo ministeriale del 27 febbraio 2025, nel caso di analisi di singole operazioni, l’esame si concentra sulla ratio della norma applicata, e l’esito favorevole esclude ipso facto l’abuso ed esaurisce ogni altra verifica.

 

L’Agenzia ritiene che l’operazione rappresentata dall’Istante non costituisca una fattispecie di abuso del diritto ai sensi del citato articolo 10-bis. In particolare, l’attuazione dell’operazione di finanziamento tramite emissione di obbligazioni one coupon non integra alcun vantaggio fiscale qualificabile come indebito in capo ai soggetti coinvolti. Di conseguenza, l’Agenzia non procede all’esame degli ulteriori requisiti previsti dall’articolo 10-bis.
Va infatti considerato che l’intera operazione descritta ha come fine ultimo quello di finanziare “investimenti strategici”, offrendo la possibilità di espandere il fatturato con rilevanti ricadute occupazionali dirette e sull’indotto. L’obiettivo prefissato è quello di assicurare una congrua immissione di risorse finanziarie per la copertura dell’importante piano finanziario tramite la raccolta di liquidità da investire a lungo termine senza “salto d’imposta”.

 

Pertanto, il disallineamento temporale tra la tassazione degli interessi attivi in capo agli obbligazionisti ed il riconoscimento della deduzione fiscale degli stessi interessi passivi in capo alla società costituisce un’operazione da ritenersi non in contrasto con la finalità delle norme fiscali.

Tale sfasamento riflette il peculiare funzionamento contabile caratteristico del negozio giuridico obbligazionario di tipo one coupon.

Regime speciale IVA: inapplicabilità del nuovo obbligo POS per le attività di Tabella C

La risposta del 27 novembre 2025, n. 298, dell’Agenzia delle entrate verte sull’applicabilità degli obblighi di cui all’articolo 2, comma 3, del D.Lgs. n. 127/2015, nel contesto del Regime IVA ex articolo 74-quater del D.P.R. n. 633/1972.

L’istante è un’associazione senza scopo di lucro che organizza mostre, fiere ed esposizioni feline. Tale attività rientra nel punto 5 della Tabella C allegata al decreto IVA, relativa a mostre, fiere ed esposizioni. L’associazione chiede di sapere se è obbligata, a partire dal 1° gennaio 2026, come previsto dall’articolo 1, commi 74-77, della Legge di bilancio 2025, a collegare il POS (utilizzato per l’incasso dei titoli di accesso) a un registratore fiscale, specificando di non utilizzare attualmente il registratore telematico.

Essendo un soggetto che nell’anno solare precedente ha realizzato un volume di affari non superiore a cinquantamila euro, l’Istante documenta i corrispettivi percepiti mediante rilascio di un titolo di accesso (biglietto)/ricevuta fiscale prestampato a tagli fissi. Inoltre, l’associazione provvede a inviare periodicamente alla S.I.A.E. i dati relativi ai riepiloghi giornalieri degli incassi.

 

L’Agenzia delle entrate ricorda che la Legge di bilancio 2025 (articolo 1, comma 74) ha sostituito l’articolo 2, comma 3, del D.Lgs. n. 127/2015, con applicazione dal 1° gennaio 2026. La nuova norma mira a garantire la piena integrazione e interazione del processo di registrazione dei corrispettivi con il processo di pagamento elettronico. A tal fine, il POS deve essere sempre collegato allo strumento che registra e memorizza i corrispettivi.
L’obiettivo è rendere maggiormente integrati il processo di certificazione fiscale e quello di pagamento elettronico, facendo emergere in modo puntuale l’eventuale incoerenza tra incassi (da transato elettronico) e scontrini emessi. Il registratore telematico deve memorizzare sempre le informazioni minime di tutte le transazioni elettroniche e trasmettere all’Agenzia delle entrate l’importo complessivo dei pagamenti elettronici giornalieri acquisiti, anche se non è avvenuta la registrazione dei corrispettivi.

 

L’Agenzia chiarisce che l’attività dell’istante rientra nel regime IVA previsto dall’articolo 74-quater e l’obbligo di certificazione è assolto tramite rilascio di un titolo di accesso.
L’Agenzia stabilisce che deve escludersi che le attività elencate nella Tabella C, come quella svolta dall’istante, ricadano nell’obbligo di collegamento del POS secondo le previsioni del D.Lgs. n. 127/2015, poiché i corrispettivi relativi a queste attività sono esclusi dall’obbligo di trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate. Questo perché i dati relativi ai titoli di accesso emessi vengono già separatamente trasmessi alla S.I.A.E., come previsto dal decreto ministeriale del 13 luglio 2000, e la S.I.A.E. provvede a renderli disponibili all’Agenzia delle entrate.
Resta fermo, tuttavia, l’obbligo dell’invio telematico dei dati dei corrispettivi relativi alle attività accessorie, ove autonomamente documentate.

“Prima casa”: nessuna estensione del termine per riacquisto con credito d’imposta dopo l’alienazione

L’Agenzia delle entrate affronta l’inapplicabilità della modifica normativa che estende a due anni il termine di rivendita dell’abitazione agevolata (ex comma 4-bis, Nota II-bis, TUR) al riacquisto di una nuova “prima casa” ai fini del credito d’imposta (Agenzia delle entrate, risposta 26 novembre 2025, n. 297).

Nel caso di specie, l’Istante, dopo aver acquistato nel 2014 e venduto nel novembre 2024 una “prima casa”, intende acquistarne una nuova usufruendo del credito d’imposta (articolo 7, L. n. 448/1998). Il dubbio è se le modifiche introdotte dalla L. n. 207/2024, che hanno esteso i termini per la rivendita, si applichino anche al riacquisto agevolato. L’Istante, pertanto, chiede se il termine entro cui effettuare il riacquisto agevolato, nell’ipotesi in cui la vendita preceda il nuovo acquisto, sia esteso da uno a due anni ai fini del credito d’imposta

 

L’agevolazione “prima casa” è disciplinata dalla Nota II-bis posta in calce all’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR. Tale articolo prevede l’applicazione dell’imposta di registro con aliquota ridotta al 2% per atti traslativi di proprietà di case di abitazione (diverse da A/1, A/8, A/9) se si verificano precise condizioni:

  • l’immobile è ubicato nel comune di residenza o dove l’acquirente la stabilisca entro diciotto mesi;
  • nell’atto di acquisto si dichiara di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge di diritti su altra abitazione nel territorio del comune di acquisto;
  • nell’atto di acquisto si dichiara di non essere titolare, neppure per quote, su tutto il territorio nazionale, di diritti su altra abitazione acquistata con le agevolazioni in esame.

Il comma 4-bis della Nota II-bis, modificato dall’articolo 1, comma 116, Legge di bilancio 2025, ha innovato la disciplina. Esso consente l’applicazione dell’aliquota del 2% anche se il contribuente non soddisfa il requisito c) (possesso di altra casa agevolata), a condizione che l’immobile pre-posseduto sia alienato entro due anni dalla data del nuovo atto di acquisto agevolato. Questa modifica ha elevato il termine per rivendere l’abitazione pre-posseduta da uno a due anni, al fine di incentivare il mercato immobiliare e agevolare il cambio della prima casa di abitazione. Tale nuovo termine è applicabile anche agli acquisti per i quali il termine di un anno era ancora pendente al 31 dicembre 2024.

Il diritto al credito d’imposta è regolato dall’articolo 7, comma 1, della Legge n. 448/1998. Tale norma stabilisce che il credito è attribuito ai contribuenti che provvedono ad acquisire, entro un anno dall’alienazione dell’immobile per il quale si è fruito dell’aliquota agevolata, un’altra casa di abitazione non di lusso, in presenza delle condizioni “prima casa”. Il credito è fino a concorrenza dell’imposta corrisposta in relazione al precedente acquisto agevolato, e non può essere superiore all’imposta dovuta per il nuovo acquisto agevolato. La norma fissa dunque in un anno il termine per il riacquisto.

 

A seguito dell’introduzione del comma 4-bis (ad opera della Legge n. 208/2015), la circolare 12/E/2016 dell’Agenzia ha già chiarito che il credito d’imposta spetta anche se il contribuente procede all’acquisto della nuova abitazione prima della vendita dell’immobile pre-posseduto. La risposta n. 197/ 2025 ha poi precisato che il maggior termine di due anni per la rivendita dell’abitazione agevolata pre-posseduta non pregiudica il diritto al credito d’imposta per il nuovo acquisto, purché l’immobile venga alienato entro due anni dal nuovo acquisto.

 

L’Agenzia, dunque, chiarisce che la modifica normativa introdotta dalla Legge di bilancio 2025 ha innovato il termine per la rivendita postuma di cui al comma 4-bis della Nota II-bis. Tale modifica non riguarda la formulazione dell’articolo 7 della Legge n. 448/1998. L’articolo 7 continua a prevedere l’attribuzione di un credito d’imposta per l’acquisizione di un’altra casa di abitazione entro il termine di un anno dall’alienazione della precedente “prima casa”. Di conseguenza, non è possibile estendere il termine biennale per la rivendita postuma anche al riacquisto della “prima casa” ex articolo 7 della Legge n. 448/1998.

 

La natura agevolativa della disciplina “prima casa” non consente un’applicazione analogica, né una interpretazione estensiva della stessa. Le norme fiscali di agevolazione sono, infatti, di “stretta interpretazione,” applicabili solo a casi riconducibili al loro significato letterale. Per tali considerazioni, non è ritenuta possibile una estensione simmetrica del termine (di due anni) previsto per la vendita postuma (ex comma 4-bis) alle ipotesi di riacquisto previste dall’articolo 7, comma 1, della Legge n. 448/1998 ai fini del credito d’imposta.