Cessione di fotografie artistiche: IVA agevolata solo per autori, eredi e legatari

L’Agenzia delle entrate è intervenuta a chiare l’aliquota IVA applicabile alla cessione di fotografie considerate “oggetti d’arte” da parte di soggetti diversi dagli autori, eredi o legatari (Agenzia delle entrate, risposta 22 maggio 2025, n. 140).

Il quesito è posto da una Società operante nel settore della realizzazione e vendita di opere d’arte, inclusi dipinti, disegni, illustrazioni e fotografie d’arte in negozi e gallerie in Italia.

 

Il parere dell’Agenzia delle entrate si basa sul presupposto che le fotografie in questione abbiano effettivamente le caratteristiche per essere considerate opere e oggetti d’arte.

 

Al riguardo L’Agenzia cita il n. 127-septiesdecies della Tabella A, Parte III, allegata al Decreto IVA, che prevede l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 10% alle cessioni di “oggetti d’arte”. La norma specifica che tale aliquota ridotta si applica, tra gli altri, agli oggetti d’arte ceduti “dagli autori, dai loro eredi o legatari”.

 

La definizione di “oggetti d’arte” richiamata dal D.L. n. 41/1995, lettera a), include le “fotografie eseguite dall’artista, tirate da lui stesso o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti di trenta esemplari, di qualsiasi formato e supporto”.
Questa definizione è coerente con quanto previsto dalla Direttiva IVA (Direttiva 2006/112/CE), Allegato IX, parte A, punto 7).

La Corte di Giustizia (sentenza C-145/18, citata anche dall’Istante) ha confermato che per essere considerate oggetti d’arte ammissibili all’aliquota ridotta, le fotografie devono rispettare i criteri oggettivi di essere eseguite dall’autore, tirate da lui o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti di trenta esemplari, ad esclusione di qualsiasi altro criterio come la valutazione del loro carattere artistico da parte dell’amministrazione.

 

Tuttavia, l’Agenzia sottolinea che la normativa vigente (n. 127-septiesdecies) limita l’applicazione dell’aliquota ridotta alle cessioni effettuate esclusivamente dagli autori, dai loro eredi o legatari, osservando che la possibilità per gli Stati Membri di applicare un’aliquota ridotta alle cessioni di oggetti d’arte in altri casi (come quelle effettuate da soggetti diversi dall’autore, ma che li abbiano importati o ricevuti dall’autore) era prevista dall’articolo 103 della Direttiva IVA, ma tale articolo è stato abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2025 dalla nuova Direttiva UE 2022/542.

 

Allo stato attuale, dunque, per l’articolo 98 della Direttiva IVA gli Stati Membri possono applicare un’aliquota IVA ridotta non inferiore al 5% «…unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi elencate nell’allegato III», che al numero 26) contempla le «cessioni di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato elencati nell’allegato IX, parti A, B e C». Il citato allegato IX, nella parte A, riporta al numero 7) le «fotografie eseguite dall’artista, tirate da lui stesso o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti di trenta esemplari, di qualsiasi formato e supporto». Nello stesso tempo l’articolo 311, paragrafo 2, della Direttiva IVA consente agli Stati Membri di «non considerare «oggetti d’arte» gli oggetti indicati nell’allegato IX, parte A, punti 5), 6) e 7)».

 

L’Agenzia menziona anche la Legge n. 111/2023 che, all’articolo 7, nel fissare i “Principi e criteri direttivi per la revisione dell’imposta sul valore aggiunto” delega, tra l’altro, il Governo entro 24 mesi a «e) ridurre l’aliquota dell’IVA all’importazione di opere d’arte, recependo la direttiva (UE) 2022/542 del Consiglio, del 5 aprile 2022, ed estendendo l’aliquota ridotta anche alle cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione». Tuttavia, tale disposizione a oggi non risulta attuata.

 

Pertanto, in attesa dell’attuazione della legge delega, l’Agenzia conclude che l’aliquota IVA ridotta del 10% non può essere riconosciuta alla Società istante, poiché la normativa attuale (n. 127-septiesdecies), in conformità con gli articoli 98 e 311 della Direttiva IVA, limita l’applicazione dell’aliquota ridotta alle cessioni effettuate “dagli autori, dai loro eredi o legatari”. Visto che, nel caso di specie, la cessione è effettuata dalla Società (il datore di lavoro dell’artista), non si rientra nel perimetro di questa condizione, e pertanto si applica l’aliquota IVA ordinaria.

Trattamento IVA della codatorialità in un contratto di rete tra imprese

L’Agenzia delle entrate è intervenuta a chiarire il trattamento IVA della codatorialità in un contratto di rete (Agenzia delle entrate, risposta 19 maggio 2025, n. 136).

La società istante rappresenta di essere un contratto di rete, dotato di soggettività giuridica. La ”rete” è una tipologia di associazionismo imprenditoriale, su base contrattuale, che permette alle singole imprese aderenti (cosiddette retiste) di collaborare tra loro.
Tra gli obiettivi principali della rete figura l’ottimizzazione dell’impiego delle risorse umane al fine di raggiungere livelli superiori di efficienza produttiva, organizzativa e qualitativa.
In questo contesto, e a seguito di una sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue sul trattamento IVA del distacco di personale e della successiva introduzione dell’articolo 16-ter del D.L. n. 131/ 2024, la Società chiede quale sia il trattamento IVA della codatorialità, prevista dall’articolo 30, comma 4-­ter del D.Lgs. n. 276/2003, quale istituto alternativo al distacco di personale.

L’Agenzia premette che nel nostro ordinamento non esiste una definizione di codatorialità. Questa lacuna è stata colmata dalla Corte di Cassazione, che ha definito la codatorialità come una situazione di fatto che si crea all’interno dei gruppi societari, dove un dipendente lavora per più imprese (datori di lavoro). Gli elementi caratterizzanti individuati dalla Cassazione includono l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva del datore formale e la condivisione della prestazione per soddisfare un interesse di gruppo da parte delle diverse società, che esercitano i poteri datoriali diventando datori sostanziali. In sintesi, per la Suprema Corte, a fronte dell’unicità del rapporto, il lavoratore presta servizio indifferentemente e contemporaneamente per due o più datori, e la sua opera non può essere distinta tra l’interesse di uno o dell’altro, con la conseguenza che entrambi i fruitori sono solidalmente responsabili delle obbligazioni derivanti dal rapporto. Questa è definita codatorialità atipica, di elaborazione giurisprudenziale, riscontrabile nei gruppi di imprese.
A questa si contrappone la codatorialità tipica, prevista dal legislatore specificamente per le reti di imprese dall’articolo 30, comma 4-ter, D.Lgs. n. 276/2003, una norma speciale che ammette la codatorialità nelle reti d’impresa a condizioni che non includono gli elementi costitutivi individuati dalla Cassazione per i gruppi societari.
L’Agenzia evidenzia la differenza tra gruppi societari e reti d’impresa: nei gruppi, l’interdipendenza si realizza tramite attività di direzione e coordinamento (ex articolo 2497 c.c.), mentre nelle reti d’impresa si realizza tramite l’attuazione del programma comune di rete, che presuppone un obiettivo condiviso tra le associate. Il contratto di rete ha lo scopo di accrescere la capacità innovativa e la competitività individuale e collettiva degli imprenditori, attraverso la collaborazione, lo scambio di informazioni/prestazioni o l’esercizio comune di attività. Può prevedere un fondo patrimoniale comune e un organo comune per la gestione.
La condizione per l’utilizzo della codatorialità nelle reti d’impresa, secondo il comma 4-ter, è la previsione nel contratto di rete delle regole di ingaggio dei dipendenti, elemento non presente nei requisiti della codatorialità atipica giurisprudenziale.

 

L’Agenzia chiarisce che il comma 4-ter consente alle reti di utilizzare sia il distacco di personale che la codatorialità. Sebbene entrambi siano strumenti per realizzare il programma di rete, sono istituti differenti con effetti diversi.
Nel distacco, il datore di lavoro mette temporaneamente lavoratori a disposizione di un altro soggetto per soddisfare un proprio interesse, rimanendo responsabile del trattamento economico e normativo. Il rapporto è bilaterale tra impresa distaccante (che resta datore) e impresa distaccataria.
La codatorialità implica il potenziale coinvolgimento di tutte le imprese della rete come datori di lavoro per soddisfare un interesse della rete (il programma comune). È un assetto stabile, e non è caratterizzato dalla bilateralità del rapporto datore-dipendente, potendo il dipendente avere più datori.

 

Anche se spesso sono individuate una o due imprese referenti per gli obblighi comunicativi, previdenziali e assicurativi, nella codatorialità:

  • tutte le imprese retiste possono essere datori di lavoro dei dipendenti che hanno accettato le regole di ingaggio e hanno l’obbligo di lavorare per tutti i co-datori;
  • tutti i co-datori sono responsabili in solido per gli obblighi retributivi, previdenziali e assicurativi, con facoltà di regresso nei confronti degli altri per la quota di costo anticipata.

Intesa in questi termini, la codatorialità non presenta gli elementi che hanno portato la Corte di Giustizia UE a considerare il distacco di personale rilevante ai fini IVA nella sentenza C-94/2019. In particolare, non è rinvenibile il requisito della sinallagmaticità.
Secondo i giudici europei, il distacco rileva ai fini IVA se c’è un nesso diretto tra le prestazioni, per cui “le due prestazioni si condizionano reciprocamente”. Il pagamento da parte dell’impresa distaccataria costituisce la controprestazione per il distacco. L’importo del corrispettivo è irrilevante.
Nella codatorialità non esiste un simile nesso sinallagmatico. Le imprese che accettano le regole di ingaggio nel contratto di rete assumono ciascuna il ruolo di datore di lavoro, direttamente responsabile per la quota di competenza del pagamento dello stipendio. Pertanto, si parla di rimborso solo in termini di restituzione di quanto solidalmente anticipato al dipendente dall’impresa referente. Tale rimborso serve essenzialmente a imputare a ciascuna impresa retista il costo del personale in proporzione all’effettivo contributo ricevuto dal lavoratore.

In linea con quanto chiarito nella circolare n. 5/E/2025, si tratta quindi di una mera movimentazione di denaro, non soggetta a IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a), del D.P.R. n. 633/1972.

Programma “FinTech Factory MEF”

Il MEF presenta l’iniziativa “Fintech Factory MEF”, un programma volto a sostenere le imprese innovative che sviluppano tecnologie emergenti e soluzioni innovative, con particolare attenzione alle applicazioni nel contesto del Ministero dell’economia e delle finanze e nelle amministrazioni economico-finanziarie (Ministero dell’economia e delle finanze, comunicato 15 maggio 2025).

Il programma, finanziato dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, prevede un investimento di 2.085.000 euro destinato ai primi due avvisi pubblici, rivolti a startup, spin-off, PMI e iniziative di imprenditoria femminile.

 

Le imprese selezionate che si candideranno entro il 20 giugno 2025 avranno l’opportunità di partecipare proponendo soluzioni che utilizzino tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, sull’analisi dei dati e presentino elementi di innovazione in ambito economico-finanziario e di cybersicurezza. Tali soluzioni potranno consentire, tra le altre cose, di valutare strategie, svolgere analisi previsionali su dati e informazioni su larga scala; estrarre, elaborare, standardizzare dati non strutturati; ottimizzare i flussi di lavoro documentali attraverso l’analisi e la gestione del ciclo di vita di documenti; favorire l’educazione finanziaria; prevenire rischi e minacce digitali, frodi, furti di identità, rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.

 

Il programma “Fintech Factory MEF” si propone di raggiungere due obiettivi strategici principali:

  • affiancare l’imprenditorialità innovativa, nella dimostrazione del potenziale di soluzioni e tecnologie nel settore pubblico, attraverso percorsi che consentano di verificarne performance, eventuali vantaggi ed economie nei contesti di impiego;
  • contaminare l’Amministrazione pubblica con l’ecosistema dell’innovazione, favorendo lo sviluppo di competenze trasversali, il co-sviluppo di nuove soluzioni fino alla potenziale adozione nei sistemi delle Amministrazioni.

Cosa offe:

– percorsi di validazione delle tecnologie e soluzioni proposte dalle aziende innovative, attraverso il reale confronto con le esigenze di business del Dipartimento del Tesoro, all’interno di laboratori virtuali di innovazione;

contributi a fondo perduto per le attività di validazione di tecnologie e soluzioni e per lo sviluppo dei progetti imprenditoriali;

– cicli di sessioni seminariali attraverso cui approfondire le tematiche relative alla messa a punto e allo sviluppo del progetto imprenditoriale (riservati alle startup a conduzione femminile).